Abitare l’inabitabile
2229-PDM-IT-2015
Architect: Paolo De Marco
Client: Unknown
Status: Academic Project (2015)
Location: Fiume Plàtani, Italy
Climate: Mediterranean, Temperate
Material: Wood
Environments: Forest, Riverside, Seaside
Visualizer: Studio
Scale: Extrasmall
Types: Cabin, Microarchitecture

Il fiume Platani nasce nell’entroterra siciliano e nei suoi 103 chilometri passa per le province di Palermo, Agrigento e Caltanissetta attraversando il territorio di 16 comuni sino a sfociare nel Mare Africano. I paesaggi attraversati e generati sono innumerevoli e differenti: alle sorgenti la morfologia del territorio è dapprima aspra e montuosa, divenendo pianeggiante man mano che ci si avvicina al mare.

Un territorio denso di storie, dove ogni luogo esprime una identità a volte inaspettata, e che il Platani unisce e annoda come in un’unica narrazione. Luoghi che oggi sono per certi versi inabitabili, nel loro essere dimenticati dall’uomo che non sa coglierne la bellezza e li percepisce inospitali nella loro incoerenza; inabitabili, inoltre, per essere essenzialmente spazi di natura che si sottraggono al dominio e alle modificazioni dell’uomo. Il ruolo del progetto di architettura diventa allora quello di rendere abitabile l’inabitabile con una rete di orientamento nella geografia del fiume, attraverso una proposta che consenta all’uomo di scoprire e vivere questi luoghi con timore e rispetto, consapevole di esserne un ospite in viaggio.

Le piccole architetture rispondono alla ricerca progettuale del minimo inteso come essenza e semplicità. La composizione di elementi semplici e funzionali viene tradotta dalle piccole architetture in una riduzione che, allo stesso tempo, nega l’estetica dell’austerità. Le piccole architetture si poggiano sul suolo, in maniera leggera e apparentemente casuale, per rispondere ad una logica nomadica: il viaggiatore che si sposta continuamente, che si spoglia di quanto ritiene non indispensabile, che alleggerisce il suo bagaglio togliendo il superfluo e si adatta al luogo.

Il nomade, così, non è colui che non ha legami con i luoghi, ma che al contrario instaura rapporti sempre nuovi e diretti con l’ambiente in cui abita e che fa della temporaneità un principio permanente, godendo di quello che trova lungo il suo cammino. Simmetricamente, il progetto riflette questo ideale di vita: l’architettura fa economia, si riduce e si adegua al luogo con volontaria temporaneità e leggerezza; ritrova una struttura chiara, un equipaggiamento minimo e funzionale, non ostenta ma quasi si nasconde.

La possibilità di toccare le parti che definiscono lo spazio, la relazione tra la costruzione e la mano dell’uomo, e quindi tra la mano e la mente, definisce in questi progetti il tentativo di avvicinamento tra corpo e architettura, tra uomo e
spazio. Questa ricerca è perseguita sino al dettaglio costruttivo con soluzioni tecnologiche facilmente eseguibili assemblando, tramite connessioni in acciaio e alluminio, elementi in legno pre-definiti (una sorta di kit per il montaggio) e utilizzando le stuoie di canne, piante presenti lungo l’intero cammino del fiume e appartenenti alla tradizione costruttive siciliana, che agricoltori e pastori utilizzavano per costruire annualmente i loro cabanon per difendersi, questa volta, dalla natura.

Post date: 28/03/2018 | Views: 4.590